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Zimbabwe, i parchi nazionali sono salvi: il governo ha messo al bando le attività minerarie

LIFEGATE / Pericolo scampato per il parco nazionale Hwange: i colossi del carbone sono stati fermati, anche grazie alla mobilitazione dei cittadini.

La più grande riserva naturale dello Zimbabwe poteva finire nelle mani dei colossi minerari cinesi, con tutte le minacce che ciò comporta per elefanti, leoni, giraffe e le altre centinaia di animali che lo abitano. Ma il governo ha fatto dietrofront, assicurando uno storico divieto alla ricerca e all’estrazione di carbone. Se questa storia si avvicina al suo lieto fine è anche merito della società civile, che non è rimasta ferma a guardare.

Le mire cinesi sul parco nazionale Hwange

La notizia era trapelata qualche giorno fa sui social network, grazie all’organizzazione ambientalista Bhejane Trust: alcune compagnie minerarie cinesi avevano ottenuto due concessioni per condurre le loro attività estrattive all’interno del parco nazionale Hwange. Una pianura di quasi 15mila chilometri quadrati in cui vivono circa 40mila elefanti, oltre a leoni, giraffe e rinoceronti neri, questi ultimi in grave pericolo di estinzione.

A dire la verità non si trattava nemmeno di un’assoluta novità, visto che Makomo Resources – il primo produttore di carbone del Paese africano – già opera all’interno del parco. Ma il governo di Harare sembrava così voler spingere in modo più deciso sulla produzione di carbone, fonte che tuttora ha un ruolo centrale per l’approvvigionamento di energia del Paese. Tanto più da quando gli impianti idroelettrici marciano a ritmo ridotto a causa delle intense ondate di siccità, esacerbate dai cambiamenti climatici.

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