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Questa non è l’apocalisse che ci aspettavamo

INTERNAZIONALE / Lo shock è di per sé scioccante. Non avremmo dovuto essere più preparati? La nostra cultura è stata imbevuta di porno-catastrofismo per decenni. La bomba. Il collasso. La pioggia radioattiva. Le dissennate armate di cadaveri ambulanti, gli incubi delle generazioni morte che escono dai nostri schermi. Per più di un decennio giovani e meno giovani hanno vissuto in un lutto preventivo per la realtà che conosciamo, ma per qualche ragione ora è diverso.

Il Covid-19 ha cambiato tutto. All’improvviso l’immenso cambiamento spaventoso, il cataclisma per cui niente tornerà alla normalità, è arrivato.

Il concetto di un’imminente catastrofe ha fatto parte dell’inconscio collettivo dai tempi in cui ne abbiamo uno. Dal giorno della fine del mondo secondo il calendario maya all’epopea di Gilgamesh, dal diluvio universale nella Genesi all’Apocalisse di Giovanni, gli esseri umani sono da sempre perseguitati dall’idea della fine. Ultimamente è stato il tema centrale dell’intrattenimento popolare. Cresciuti con la minaccia del riscaldamento globale, tra le grinfie di una crisi finanziaria, stavamo lì seduti, stupefatti ed esausti, a guardare sullo schermo la nostra civiltà estinguersi a ripetizione.

Esiste una differenza importante tra apocalisse e catastrofe. Una catastrofe è la devastazione totale: non resta più niente e non s’impara niente. L’apocalisse, soprattutto in senso biblico, prevede un periodo di crisi e cambiamento, di verità nascoste rivelate.

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