Lonely PlanetViaggi

Diario di viaggio di un viaggiatore irresponsabile

LONELY PLANET / Da quando l’epidemia è iniziata mi è stato affidato da Treccani l’ingrato compito di disegnare una mappa che tenga traccia, ogni giorno, dell’entità del fenomeno e dei paesi coinvolti. Insomma, seguo lo spostamento del mostro e produco un bollettino quotidiano. Non sono un medico, ma un cartografo: traccio rotte, trasformo dati in elementi grafici e intanto spero di cavarci qualche informazione, distratto come sempre dai confini del mondo.

Ogni singolo giorno, in fondo, è come se viaggiassi assieme al virus. Lo sto tenendo d’occhio guardando il pianeta dall’alto e non da altezza d’uomo, in quella prospettiva protetta dai rischi che è la rappresentazione geografica e che mi ha fatto sentire disumano, un grigio contabile deputato a confrontare numeri e ingrandire cerchi. Anche viaggiare, come autore Lonely Planet, è il mio lavoro, e ho dovuto seguire l’epidemia diffondersi sul mio campo di gioco preferito, quello da cui, io come tutti, sono stato costretto a ritirarmi: i cinque continenti. E così ogni giorno tengo il diario di bordo di un viaggio che osservo da remoto. A furia di stargli dietro è come se il virus si fosse fatto materia, persona fisica: un viaggiatore solitario che si muove per il pianeta. Gli voglio dare un nome, perché la personificazione mi aiuta a aggiungere un po’ della leggerezza di cui sento il bisogno. Lo chiamerò Diciannove.

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